Rivalta sul Mincio e l'Istoria d'Europa

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Passeggiando con occhio curioso per le strade della parte antica di Rivalta, quando lo sguardo si ferma sui fabbricati del borgo che fu dei pescatori a volte ci si domanda quali passati portano dentro questi vecchi muri. Conoscere la storia dei muri significa conoscere la storia di coloro che li hanno abitati e la storia quasi sempre la fanno gli uomini.

A me capita spesso, da rivaltese autoctono, di fermarmi davanti al Casermone di Via Arrivabene o alla casermetta di Via Porto (lo stabile del negozio di Melli) o alla Dogana di Ongari vicino al Canaletto o al fabbricato del "Dosso" di fianco alla chiesa o alla residenza dei Conti Arrivabene.

Di certo Rivalta con il suo confine naturale - il Mincio - nei secoli scorsi è stato un luogo strategico e funzionale agli eserciti di mezza Europa che hanno scorazzato anche a Mantova. Prova ne sono le due caserme di cui accennavo prima e la dogana; ma quali fatti storici ci possono restituire le risposte a questi rovelli mentali? Io ho aperto una pagina di questo polveroso libro di storia e la voglio umilmente proporre sperando di incuriosire ulteriormente qualche rivaltese curioso.

Luigi Giuseppe di Borbone Duca di VendomeNel Trattato "Istoria D’Europa" scritto da Giuseppe Di Rosa e pubblicato a Napoli nel 1753, al terzo Tomo vengono descritti i fatti d'arme che videro contrapposti gli eserciti alleati di Francia e Spagna, denominato Esercito delle Due Corone e l’esercito imperiale alemanno Asburgico; gli eserciti, dopo la presa di Cremona del 1702 da parte dei Franco-Spagnoli espansero sul territorio mantovano il loro teatro di guerra. In tale contesto nel 1701 il Duca francese Luigi Giuseppe di Borbone Duca di Vendome venne nominato dalla Corte di Francia di Luigi XIV Comandante dell’Esercito delle Due Corone.

"Rivalta e il suo territorio - scrive lo storico - fu il quartier generale del Duca di Vendome ai tempi dell’assedio alemanno di Mantova. Il Comando del Campo di Rivalta comprendeva 34 battaglioni di Fanteria, dei quali 5 battaglioni spagnoli, 57 squadroni di Cavalleria e Dragoni, 6 mila cavalli e 20mila fanti".

Ci comunica inoltre Di Rosa: "Il Duca aveva di più un Ponte sul Mincio per comunicar con Mantova, che non era distante più di un miglio da Rivalta verso dove quel fiume imbocca nel lago quella città; alla testa di quel ponte fu posto un corpo di fanteria e di cavalleria".

Da altre testimonianze sappiamo che quel ponte metteva in comunicazione Rivalta con la strada per Soave ("Vandome avea gettato un ponte sopra il Mincio tra Rivalta e Soave" - Il Corriere Ordinario, 21 giugno 1702, Vienna) presumibilmente il ponte era stato costruito nel tratto del Mincio attiguo alla attuale corte Molinassa; sappiamo pure che questo ponte sul Mincio a Rivalta compare anche nelle guerre Risorgimentali insieme ai ponti di Borghetto e di Goito.

Sul fatto che Rivalta fosse anche la residenza principale pro-tempore del Duca di Vendome viene data per certa dallo stesso storico che cita un episodio particolare della campagna mantovana dell’esercito delle Due Corone.

"Essendo così vicine l’armata Alemanna che assediava Mantova e l’armata delle Due Corone ed essendo passato il Duca di Vendome ad alloggiare in un palazzo di bella veduta sul lago (Rivalta probabilmente si affacciava su una palude con molta più acqua di oggi e potevasi già considerare lago - n.d.r.), il principe alemanno Eugenio (Eugenio di Savoia fedmaresciallo al servizio di Leopoldo I d’Asburgo) fece il disegno di sorprenderlo e di farlo prigioniero".

La congettura di questa ardita impresa fu fatta da due disertori e da un ragazzo che frequentava il palazzo e ritenutala possibile il principe l’accettò e fece preparare 15 battelli destinati a imbarcare 200 uomini con altri 50 della compagnia Guttenstein e sotto la direzione del tenente colonnello Marchese Davia il quale era sempre pronto a imprese che avevano dello straordinario. Dopo aver preso le misure necessarie si imbarcò con i soldati nella notte antecedente l’11 giugno del 1702 e dal lago di Mantova, nascosto tra le canne fittissime che stavano lungo la riva, si accostò a Rivalta dove era il quartier generale del Duca di Vendome e il cui palazzo era sito alla testa di quel villaggio, sopra a una altura che domina il lago e con un dolce pendio verso il fiume.

Davia sbarcò a terra con un distaccamento dei soldati e subito si trovarono davanti a un corpo di guardia di 10 uomini, comandati da un sergente, che erano lì per impedire che si tagliassero certi bellissimi alberi che il Duca di Mantova desiderava conservare. Il marchese Davia aveva l’ordine di non usare armi da fuoco ma di sorprendere la guarnigione e ammazzarla con le armi bianche; la sentinella accortasi della gente che veniva dal fiume gridò: "Chi viva?".

Gli alemanni risposero che portavano alcuni ammalati da Mantova e nello stesso istante il marchese Davia fu sopra di essa e la neutralizzò senza strepitio; dopo di che marciò con il suo distaccamento verso il palazzo per sorprendere il Duca insieme al signor intendente Bouchu alloggiato anch’esso nel palazzo. Davia non era lontano dal palazzo che 80 passi quando uno della sua truppa dimenticandosi dell’ordine ricevuto sparò due colpi in direzione della seconda sentinella ammazzandola. Sentiti gli spari gli altri alemanni sulle barche cominciarono a sparare verso il palazzo; le scariche allarmarono immediatamente il campo e la guardia di Vendome che, dato l’allarme a colpi di tamburo richiamò il reggimento di Dragoni di Seneterre , i Granatieri di Savoia e il picchetto di comando del Marchese di Estrada.

Davia vedendo che l’attacco era scoperto si precipitò da dove era venuto, scansando il fuoco di 20 cannonate. D’altronde il disegno di Davia risultò chimerico dato che il palazzo ove abitava il Duca di Vendome era circondato da un fosso pieno d’acqua e nulla avrebbe potuto la sua forza contro un reggimento di Dragoni e molta altra cavalleria; oltre a ciò nel palazzo abitavano più di 100 domestici i quali si sarebbero sicuramente battuti non solo contro i 15 alemanni del manipolo ma anche con quelli rimasti sulle barche. Il disegno del Principe Eugenio si rivelò vano anzi, finì meno peggio di quanto verosimilmente avrebbe potuto finire, cioè con la morte di tutti gli attaccanti.

E qui arrivato, qualche domanda mi è sorta spontanea: ci sarà ancora a Rivalta il Palazzo del Duca di Vendome? E i resti del ponte sul Mincio? Alla prima domanda mi è venuta in aiuto la ricercatrice rivaltese Paola Artoni che dopo aver letto queste note mi ha risposto:

Gentilissimo Luigi, grazie per questa bella nota! Mio marito Paolo Bertelli segnala a tale proposito che Amadei nella settecentesca "Cronaca Universale della Città di Mantova" riferisce che il duca di Vendome abitava nel palazzo degli Arrivabene. Non venne quindi creata un residenza ex novo ma egli venne ospitato dai nobili rivaltesi.

Ora rimane da indagare sulla posizione precisa del ponte sul Mincio: attendiamo notizie.

(Testo di Luigi Zappavigna, agosto 2017)